Sono giorni che scrivo, poi rileggo, chiudo e archivio i file.
Il prossimo post, mi dico, deve essere intenso più degli altri. Intanto prendo appunti, scrivo articoli, racconti, chiudo e archivio.
Li riapro al mattino - i file, dico - li apro come i balconi di questo piccolo rifugio che è la mia casa. Sempre, in ogni stagione, al mattino presto spalanco finestre e balconi perché mi piace sentire l’aria fresca che porta via i respiri della notte.
Anche oggi sono qui a scrivere e penso: “Sarà finalmente questo il post che pubblicherò domani?” Non so, ma intanto scrivo.
Il blog è il mio villaggio incantato e agli elfi che vi abitano affido i miei desideri. Ma quali sono i miei desideri?
I miei racconti iniziano sempre pensando al titolo, forse per questo motivo sono così brevi. Immagino un titolo e già la storia che ho voglia di scrivere sfugge al mio controllo, danza sul foglio e prende vita.
I miei ricordi sono ingenue matrone nel bordello tipografico delle interlinee, credo di aver posseduto le parole, invece no, ho solo rubato al caso, all’incontro incestuoso di due lembi di pensieri.
Poi cerco frasi compiute, le faccio scorrere come l’acqua tiepida sui fianchi della mia coscienza.
“Un post sulla musica classica? Sarai matta? Parlare di Bach e Stravinsky nel tuo blog?”
Queste domande me le sono poste qualche giorno fa e ci ho pensato a lungo prima di buttare giù la prima stesura di questo articolo. Ma di una cosa ero sicura, non volevo finire nella trappola delle emozioni.
Ci sono blogger perfetti. Perfetto il blog su cui scrivono, perfetto il piano editoriale, succulenti i post pieni d’ispirazione e stimoli per gli altri e a volte per me.
Li invidio, li adoro, vorrei riuscire a imparare da loro, bere alla stessa fonte e pescare, di tanto in tanto, nuovi clienti.
Ma la verità è che io non riesco a seguire le scie, non ho nessun piano editoriale e forse mi stanno stretti certi schemi per fare business.
L’unica cosa che riesco a fare è scrivere ciò che sento e ciò che vedo.
Ma è originale tutto ciò? Sarà quello che cerca la mia nicchia di lettori? Avrò soddisfatto chi mi legge? Domande, ecco, oggi mi faccio un mucchio di domande.
Forse dovrei mettermi, buona buona e realizzare articoli di grafica: come realizzare un logo in 3 mosse, per esempio, potrebbe essere un buon post, oppure 10 modi per realizzare l’impaginato perfetto e di successo, anche questo sarebbe un articolo mirato.
Forse uso il blog come catarsi perfetta delle mie illusioni e le parole sono solo i lacci con cui tengo insieme le mie folli visioni.
Questo post è fuori ogni logica, per nulla perfetto. Perciò quello che farò di seguito, sarà raccontarvi che, in questo mondo virtuale, la mia sfacciata insensatezza ha trovato la sua patria e la sua felice dimora.
A questo punto la scelta di chi legge è continuare o passare oltre.
Proseguirà solo chi è abbastanza sconsiderato da credere che una VIRGOLA possa salvargli la vita.
Buona lettura.
Inizio questa seconda parte del #CurriculumDelLettore da dove avevo terminato la prima: Ernest Hemingway.
Quest’estate, con molta lentezza, ho terminato la lettura dei suoi “I quarantanove racconti”. Dove sono stata e dove sono ora, dopo aver letto le 493 pagine del libro, proprio non lo so.
Hemingway mi ha lasciata alla deriva su una piccola imbarcazione, senza remi e senza timone. È questa la sensazione che ho provato a fine lettura.