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Silenzi ovvero di anfore e confini

Venerdì, 08 Aprile 2016 17:09

Diamo un nome alle emozioni e ai momenti importanti che segnano il passo della nostra vita. I nomi ci servono per alimentare i ricordi e dare loro un valore assoluto ed eterno.

Ci danno un nome per riempire lo spazio vuoto tra noi e il mondo e con le parole ci illudiamo di dominare quello spazio spesso logoro e albino. Ma le parole amano la libertà, l’aria, la luce e il ribrezzo per la nostra finitezza s’interpone tra noi e l’infinito, tra noi e un linguaggio che non ci appartiene.

Quello che facciamo non è altro che scavare solchi entro cui far scorrere segni per giustificare il nostro stare al mondo, perché abbiamo un nome e perché possediamo la parola.

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Armonia della condivisione

Mercoledì, 30 Dicembre 2015 09:54

La parola armonia mi piace molto. Una parola dal suono dolce che custodisce nel suo fertile grembo la musica, l’architettura, la grafica, la pittura, l’arte nella sua totalità e bellezza.

In quest’ultimo anno, attraverso la mia esperienza di blogger, ho potuto dare un nuovo senso a questa parola: condivisione. 

Come ho già scritto in un altro post, per me essere blogger è scrivere ciò che si sente e ciò che si vede ed io ho visto, sentito e condiviso.

Ho indossato il mio scafandro e come un curioso palombaro digitale sono andata alla ricerca dell’armonia.

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La Lambretta

Martedì, 08 Dicembre 2015 12:15

Sono nata un sabato del 1967, era il ventitrè dicembre. Il primo vagito nella camera da letto dei miei genitori.

Appartengo alla generazione dei nati in casa. Ostetrica, nonna, zie e un imprecisato numero di comari ad assistere al parto di mia madre.
Niente ospedale, niente medici e infermiere, niente fiori e cioccolatini. Un semplice è nata! fece scaturire un sontuoso passaparola che bastò a sollevare tutti dall’ansia di quei giorni.

Sì perché era già il 23 dicembre e si correva il rischio che il mio ritardo a nascere rovinasse il Natale a tutti, che rinviasse la preparazione di struffoli, capitoni e insalata di rinforzo.

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Ho letto più volte il racconto Di cosa parliamo quando parliamo d’amore di Raymond Carver. Leggerlo è come entrare in un ciclone, stare al centro della sua stanza immaginaria – perché c’è sempre una stanza nei suoi racconti – e sentirsi dire “guarda, guarda cosa non accade nella vita di questa gente”.

Ieri sera ho riletto, ancora una volta il racconto, colpita e affondata come la prima volta. Claustrofobia amorosa ho pensato.

E se l’amore fosse solo il riflesso di ciò che immaginiamo sia l’amore? E cosa resta quando un amore finisce?
Allora ho dato voce a un amore qualunque, ho scritto una storia senza tempo, senza corpo e senza nomi da ricordare.

Buona lettura.

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Non lo farò mai più!

Mercoledì, 04 Novembre 2015 10:16

“No, io questo non lo farò mai più!”
Quante volte abbiamo detto questa frase?

Forse tante volte, con decisione e fermezza. Ma non sempre le faccende della vita vanno come noi vorremmo.
Allora succede che un giorno ti trovi a dover fare quella cosa che proprio non avresti mai pensato di dover fare.

La prima volta che ho visto e toccato la sua nudità, ecco, quella volta mi sono detta che non avrei più fatto quello che mi chiedeva, quello che lei da sola non poteva più fare.

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