Iniziai a leggere, come spesso capita, per obbligo scolastico ma, grazie al mio mentore e compagno di una vita, dall’obbligo passai subito alla passione.
Ricordo, allora come oggi, che gli leggevo ad alta voce le pagine che più mi erano piaciute.
Cercavo la sua opinione confrontandoci sulle parole appena lette, scavando nel testo letterario per poi riemergere insieme ognuno con la sua visione di scrittura.
A lui chiedevo il significato delle parole a me sconosciute, la sua pazienza nei miei confronti è stata infinita.
Il secondo e travolgente amore letterario è stato Gabriel García Márquez. Un pomeriggio d’inverno, lavoravo sul mio primo Mac ascoltando Radio3 - abitudine mai persa - e lì sentii l’attrice Lella Costa che leggeva un brano da Cent’anni di solitudine. Quelle parole fecero scattare qualcosa in me e, il giorno dopo, andai a comprare quel libro.
Se entri a Macondo non ne esci più. È un romanzo di solitudini e incesti infiniti, credo che Freud lo avrebbe amato. È come sporgersi in un vortice di ricordi senza fondo. È America latina, è la realfavola che nessuno avrebbe avuto il coraggio di scrivere.
“Le stirpi condannate a cent'anni di solitudine non avevano una seconda opportunità sulla terra”
Gabriel García Márquez. Cent’anni di solitudine
Ma è soltanto negli gli ultimi sette anni che ho ripreso a leggere con una costanza e un’avidità impressionanti. In questo periodo sono stati tre gli scrittori per me molto importanti: Guido Morselli, Elena Ferrante e Paul Auster.
Guido Morselli è uno scrittore che in vita non ha avuto molta fortuna. I suoi romanzi furono sempre rifiutati dagli editori. Storico è il diniego ricevuto da Italo Calvino che, in quel periodo, era editor per Einaudi.
Ma Morselli continuò a scrivere. I suoi romanzi danno stilettate a chi li legge, come nel caso di "Dissipatio H.G.”.
Vi confesso che leggere “Dissipatio H.G.” è un’esperienza unica. Non puoi divagare, devi andare nella direzione che lo scrittore ha deciso, ed è lì che vedi il precipizio, lo senti, ci vai dentro. Morselli è come un amante esperto che ti guida in ogni direzione senza realmente dartene una, e tu lo segui, non puoi far altro.
“[…] A livelli sia pure superiori al mio, il pensiero è stato quasi sempre solitario, fine a se stesso, asociale. Secreto da monadi senza finestra. L’idolatria della comunicazione era un vizio sociale recente. E la società, dopotutto, era semplicemente una cattiva abitudine.”
Guido Morselli. Dissipatio H.G.
“Roma senza papa”, invece, è un romanzo visionario, che incanta per la sua modernità. Morselli ipotizza una Chiesa il cui papa, non solo si rifiuta di vivere in Vaticano, ma si considera un semplice prete. Un papa che sogna una Chiesa semplice, senza orpelli ed eccessi. Insomma, descrive gli eventi poi accaduti ai giorni nostri.
“I preti sono portati a vedere il buon Dio a loro immagine e somiglianza, anche quando predicano che siamo noi a immagine e somiglianza Sua. Invece... bisogna persuaderci che Dio è diverso, Dio non è prete... E nemmeno frate.”
Guido Morselli. Roma senza papa
Poi è arrivata Elena Ferrante con il suo romanzo “L’amica geniale”, un fulmine, un amore a prima lettura. Da Macondo mi sono ritrovata risucchiata di colpo nella mia città, la Napoli della periferia. Una periferia che conoscevo bene essendoci nata e cresciuta.
Ebbene, lo scrivo senza vergona, su alcune pagine de “L’amica geniale” ho pianto. Un pianto senza fine scaturito soprattutto dopo aver letto della “smarginatura”.
Ecco, credo che quel passo abbia modificato la mia vita, l’abbia chiusa in una morsa e stritolata. Ne sono uscita diversa, difficile da spiegare perché sono emozioni troppo intime.
Ho letto tutti i quattro volumi del ciclo “L’amica geniale” * e alla fine il cerchio si è chiuso così com’è cominciato, con la voce e i ricordi di due bambine, Elena e Lila. Due fanciulle che attraversano insieme il tortuoso percorso della crescita, animate dalla vita come burattini mentre cercano di “rompere gli argini” dell’esistenza per trovare il sognato riscatto dalla miseria che le circondava.
Credo siano i contorni violati, il dissolversi dei sentimenti a coinvolgere emotivamente chi legge questo lungo romanzo. Due donne, ma forse una sola, entrambe parte dello stesso essere, con l’anima che combatte contro l’invisibile, contro qualcosa d’impalpabile.
Ho la sensazione che in questa tetralogia Elena Ferrante abbia esposto se stessa all’interno di un labirinto, una sorta di perverso gioco enigmistico di cui lei soltanto possiede la soluzione. Il lettore è solo l’ignaro spettatore ma ognuno coglierà per se stesso, come capita in ogni lettura, lo specchio della propria vita o del proprio fallimento.
In me resteranno alcune parole, le frasi di due donne-bambine che hanno trovato riparo nel fondo della mia coscienza.
“Il 31 dicembre del 1958 Lila ebbe il suo primo episodio di smarginatura […] Diceva che in quelle occasioni si dissolvevano all’improvviso i margini delle persone e delle cose […] disse che la cosa che chiamava smarginatura, pur essendole arrivata addosso in modo chiaro solo in quell’occasione, non le era del tutto nuova […] aveva già avuto spesso la sensazione di trasferirsi per poche frazioni di secondo in una persona o una cosa o un numero o una sillaba, violandone i contorni”
Elena Ferrante. L’amica geniale
* Storia del nuovo cognome - volume II / Storia di chi fugge e di chi resta - volume III / Storia della bambina perduta - volume IV
Dopo aver letto Elena Ferrante era difficile per me affrontare qualsiasi altro scrittore. Allora tornai dal mio mentore e gli chiesi di consigliarmi un libro. Senza dir nulla, lui fece scivolare sulla scrivania “Trilogia di New York” di Paul Auster.
“Leggilo, ti piacerà”, mi disse. Aveva ragione, cavolo se aveva ragione.
Dopo questo primo libro ovviamente ne comprai altri e in tutti vi ho trovato una scrittura leggera. Auster ama il suo lettore, lo coinvolge, lo accompagna per mano nei suoi romanzi per adagiarlo nei suoi personaggi, unisce anima e corpo per poi lasciarlo “svaporare”.
“Bisogna lasciarsi svaporare. Eliminare ogni tensione muscolare, concentratevi sul respiro fino a sentire l’anima che esce dal corpo, e infine chiudete gli occhi. È così che si fa. Il vuoto che vi si crea dentro il corpo si fa più leggero dell’aria che vi circonda. A poco a poco, pesate meno di nulla. Chiudete gli occhi; allargate le braccia e lasciatevi svaporare. A quel punto, poco per volta, vi solleverete da terra. Ecco, così”
Paul Auster. Mr Vertigo
In questi giorni ho iniziato a leggere “I 49 racconti” di Ernest Hemingway. Perché? Credo che tutto sia partito dalla lettura di alcuni racconti di Raymond Carver.
Un libro chiama sempre altri libri, altri autori e spesso, per chi legge, questo è un processo naturale e sempre atteso.
Hemingway con la sua teoria dell’iceber mi ha affascinata: “[…] Ammesso che possa interessare a qualcuno, io quando scrivo cerco sempre di seguire il principio dell’iceberg: i sette ottavi di ogni parte visibile sono sott’acqua. Tutto quello che conosco lo posso eliminare, tenere sommerso, così il mio iceberg sarà più solido […].”
Oggi mi trovo sull’iceber della letteratura americana, in attesa dell’onda giusta per comprendere tutto il non scritto o per non comprenderlo affatto.
E intanto, leggo.
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