Si intitola “Scritto di notte” (Adelphi, 2010) e lo ha scritto – guarda caso – un architetto e designer italiano, Ettore Sottsass. È un libro intimo, la fotografia di un’Italia viva e piena di speranza. Sottsass ci conduce dalla magia delle Alpi fino alla moderna New York, in un viaggio esclusivo non solo nella sua vita privata ma soprattutto nella storia del diciannovesimo secolo.
In questa sua vibrante opera, sfilano personaggi come il pittore Luigi Spazzapan, Fernanda Pivano (che fu anche sua moglie), Piero Manzoni, Elio Vittorini, Giò Ponti, George Nelson, Allen Ginsberg, Giuseppe Capogrossi, Bruno Munari, Max Huber e altri. L’elenco è lungo e trasversale, dalla pittura, all’architettura alla letteratura.
Questa lettura è un piacevole abbraccio tra spazi pieni e vuoti, colori materia e ricerca. Basta lasciarsi andare e forse ognuno troverà conforto alle proprie incertezze.
Sottsass è stato un rivoluzionario, un personaggio che appartiene alla schiera dei miei "utopici sognatori". Con le sue forme essenziali (quasi tracciati infantili) e i colori vivaci, ha dato un nuovo corso al design e all'architettura (non solo italiana).
La materia-oggetto di Sottsass esula dalla sola e pura “funzione” regalando emozioni. Essa crea empatia tra l’oggetto (inanimato) e chi lo vive.
In queste pagine ho letto della passione, del dolore e della tenacia che si hanno nei confronti di qualcosa che non è solo un lavoro ma vita. Ed è questo vivere la totalità della propria passione che porta a non avere più confini, come l’estensione di un corpo finito in infinite dimensioni.
Dunque, questo post è il mio personale omaggio a un grande Maestro, un uomo unico che avrei voluto conoscere.
Per il piacere della condivisione, ho scelto di riportarvi qui alcuni brani tratti dal libro, perché non credo che io possa aggiungere altro alle parole scritte da Ettore Sottsass.
Buona lettura!
"Chi tiene nelle mani questo libro tiene nelle mani (forse) un uomo nudo, tutt’al più con le mutande.
Si sa che il corpo di un uomo nudo, anche se è vestito di mutande, è un corpo fragile, esposto all’aggressione dei climi, alle unghie dell’amante, alle armi da taglio, alle spade e ai coltelli, agli sputi delle folle, alle risate dei sapienti.
Il corpo di un uomo nudo è fragile, si sa, e se lo hai nelle mani, ti prego di avere pazienza, ti prego di toccarlo adagio, “tratalo con cariño”, “que es mi persona”, come dice quella canzone."
[...] Ho cominciato come fanno quasi tutti i bambini, tenendo la matita stretta nel pugno come un’arma di difesa, perché la matita in quei primi anni è un’arma di difesa. Depositare un segno sul vuoto del foglio bianco è appunto un modo improvviso di difendersi dal vuoto dello spazio sconosciuto; da un corridoio buio senza luce. [...]
[...] La scuola mi spiegava tutto su Dio (cioè sulla mia morte), sugli imperatori, sui pirati, sui crociati, sulle rivolte, sui martiri, sui fucilati e mi insegnava che “per legge naturale il più forte vince il più debole. Cominciavo a non essere più tanto piccolo e cominciavo forse a domandarmi: “Dove sono i segni che mi fanno esistere?”. [...]
[...] Spazzapan forse non era – come si dice – un genio, ma era un pittore molto bravo, un pittore serio, elegante, aggiornato; sapiente nell’uso dei colori, dei ritmi o dei non ritmi, delle strutture o non strutture. Soprattutto sapeva che cos’è un segno, che cosa è un quadro depositato nel vuoto. Sapeva bene quando il quadro depositato nel vuoto c’è e quando non ci sarà mai. [...]
[...] L’ignoto è apparso sulla carta, l’ignoto è apparso sul legno, l’ignoto è apparso e tu sei sparito, esausto. Insegnamento: tutto è ignoto. Stai lontano dalle certezze. Usa l’incertezza come gli altri usano la certezza. [...]
[...] Vivevo in uno spazio più vuoto che pieno, anzi molto vuoto e in quello spazio i “pieni” mi arrivavano incomprensibili e sconnessi. […] A un certo punto mi areno, mi insabbio e se posso torno indietro finché trovo un luogo che riesco a misurare con le braccia. [...]
[...] Anche da piccolo il mondo mi sembrava bello per via dei colori, e soltanto quando arrivava l’uragano il mondo diventava bianco e nero e allora mi veniva una grande paura. I colori poi si stendono come macchie o si allungano in righe, si allontanano o si mescolano, dicono e non dicono, si odiano, si amano, i colori pesano o sono leggeri, urlano o sono muti… I colori ti accendono la memoria o possono cancellarla. [...]
Alcuni link per approfondire:
• Fabio Novembre intervista Ettore Sottsass
• Sottsass Associati Sottsass Associati
• Galleria Regionale d’Arte Contemporanea Luigi Spazzapan
• Design Museum - Ettore Sottsass Architect + Product Designer
• MoMA - The collection - Ettore Sottsass
• Continua a leggermi su HIPORABUNDIA, blog di racconti e recensioni libri
Commenti
Concordo Michele, migliorare i "luoghi" per migliorare la qualità della vita, per circondarsi del "bello".
Come dice il famoso principe "La bellezza salverà il mondo".
Ciao
m
L'architettura entra continuamente in relazione con gli spazi, i materiali; pratica insieme il "bello" e il "funzionale" come obiettivi di pari dignità. Ha l'opportunità concreta di migliorare i luoghi, e con i luoghi la vita delle persone che li abitano.
Più che altrove, l'architettura è un gesto di responsabilità verso noi stessi e il mondo.
Grazie Michele
sono contenta che ti sia piaciuta la "segnalazione", è un libro da non perdere.
Buona giornata
mr